L'uomo e la tutela della sua libertà, la nostra priorità.
tel e fax 080/967.44.97.
www.reteimprese.it/studiolegaleferrara
www.a-i.it

domenica 28 settembre 2008

La nozione del trasferimento d'azienda nella giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee

di

Leonardo F.R. FERRARA
PREFAZIONE


Con la sancita Unione economica e monetaria e l'introduzione dell'euro, ci si è avviati definitivamente verso la creazione di una Unione europea stabile e duratura, che costituisce un evento storico di grande importanza in grado di cambiare gli assetti istituzionali organizzativi e le politiche degli Stati confinanti, ma anche e soprattutto degli stessi Stati membri.
Sarà certamente interessante assistere negli anni a venire a come cambieranno le politiche del lavoro all'interno dei vari Stati membri, tra le quali oggi esiste un divario strutturale e tutelativo apparentemente incolmabile. Sarà interessante analizzare come la politica sociale europea saprà fare da polo d'attrazione al fine di una necessaria convergenza verso regole del mercato del lavoro omogenee, attivando un inevitabile processo di convergenza necessario e fondamentale per la creazione di una unione politica dei popoli europei, in quanto non sussistendo più differenze sostanziali nelle politiche del lavoro diminuiranno i flussi migratori aumentando la mobilità "qualificata" e le opportunità lavorative per la realizzazione e il miglioramento dell'autosoddisfazione del singolo nel lavoro e non solamente la ricerca di un salario più alto.
Su questa scia, per realizzare l'obiettivo del passaggio da una unione monetaria ad una unione politica, sarà necessario passare attraverso una politica del lavoro che ponga in essere i necessari ed opportuni cambiamenti alle regole del lavoro.
In quest'ottica si è posta l'attenzione su un fenomeno presente, il trasferimento d'azienda, che non senza traumi sta cambiando lo scenario dell'imprenditoria e il mondo delle relazioni industriali nazionali ed internazionali cercando di dare un quadro d'insieme della nozione di trasferimento nel diritto comunitario creando di volta in volta i necessari collegamenti con il diritto nazionale.
Da qui cercare di comprendere quale tutela ha il lavoratore nello scenario del mercato unico di una popolazione di circa 380.000.000 di individui, in cui vi è un tasso di disoccupazione del 10% di cui 49% di lunga durata, nonché capire come conciliare la ricerca della massima occupazione, stabile e duratura, con la necessità di abbassare i tassi di disoccupazione; ovvero come sarà tutelato il diritto del lavoratore a conservare il posto di lavoro nell'ottica di un mercato flessibile che riconosce solo la tutela obbligatoria quale strumento iuris di diritto al lavoro.

Bari, 2001

Leonardo F. R. Ferrara







CAPITOLO PRIMO

TUTELA DELL’OCCUPAZIONE
NEL TRATTATO DI AMSTERDAM


§1. Considerazioni generali
Oggi soffermarsi sulla fattispecie del trasferimento di azienda è di estremo interesse ed importanza, ed è anche difficile definirla entro confini ben precisi dal punto di vista del diritto del lavoro.
I meccanismi di concorrenza all’interno della Comunità europea hanno determinato fenomeni di circolazione delle attività produttive di natura assai diversificata; dinanzi ad un quadro così complesso le norme comunitarie e nazionali hanno posto seri problemi di interpretazione. La soluzione dei casi dubbi, relativi alle zone di confine e alle nuove situazioni che l’evoluzione economico-sociale pone in essere, presuppone una scelta chiara e netta in merito allo scopo che le regole devono perseguire. La Corte di giustizia non ha lasciato margini di dubbio alla necessità di dover privilegiare la tutela delle posizioni dei lavoratori, adottando un principio interpretativo teleologico che ha consentito di espandere la portata della direttiva 77/187/CEE.
L’approccio della Corte è stato quello di individuare una serie di indici rilevatori dell’esistenza di un trasferimento, spettando al giudice nazionale dover riconoscerli mediante una valutazione complessiva delle circostanze di fatto. In definitiva, si tratta di un giudizio tipologico, avvicinabile a quello che si applica per l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato, che non presuppone la necessaria identità tra gli elementi della fattispecie astratta e quelli della fattispecie concreta, ma bensì è fondato su un principio di approssimazione, in quanto prende in esame gli elementi del caso concreto nel loro complesso e li valuta in un contesto unitario . Sugli sviluppi della giurisprudenza comunitaria si è avuta la direttiva 98/50/C.E., che ha recepito il corpo interpretativo della Corte di giustizia, assorbendo in particolare la definizione di “entità economica” quale oggetto del trasferimento, lasciando fuori altre soluzioni.
Per affrontare la fattispecie del trasferimento di azienda è necessario riflettere su alcune realtà e fenomeni presenti nell’attuale realtà economica italiana e, più in generale, dell'intero contesto del mercato unico europeo. È da oltre un decennio che è in atto un rimodellamento di tutto il vecchio sistema dell’imprenditoria nazionale e mondiale; innanzitutto un primo fenomeno, che coinvolge più da vicino lo strumento del trasferimento aziendale, è la frantumazione del processo produttivo, la così detta esternalizzazione (out-sourcing o contratting-out), ossia l’affidamento ad altra impresa di intere parte dell’attività produttiva o di servizi precedentemente assicurati all’interno dell’impresa. Altre nuove forme di lavoro che hanno modificato profondamente i rapporti di lavoro sono il lavoro subordinato atipico e di collaborazione parasubordinata, che consentono di ridurre la manodopera occupata stabilmente e di rispondere con maggiore elasticità alle variazioni della domanda di produzione. Altre serie di fenomeni, ben presenti nelle dinamiche interne del mercato unico e che con la sancita unione monetaria si prospetta che avranno un incremento, sono le modifiche negli assetti societari tramite fusioni ed incorporazioni, così come un intensificarsi dei meccanismi di controllo e di collegamenti, che hanno portato alla costruzione di gruppi di grandi dimensioni, spesso internazionali .
In questo così complesso quadro dimensionale ci si deve chiedere che fine fa il lavoratore, che presta la sua opera per una impresa o società che ora si fonde, incorpora, esternalizza l’attività, ovvero quale tutela costui ha nel quadro del mercato unico d'Europa e quale tutela riceve dall’ordinamento comunitario. In questo lavoro cercheremo nelle nostre possibilità, di dare risposte a queste problematiche delineando la nozione di trasferimento di azienda, punto essenziale per poter condurre un’analisi attenta dei fenomeni su citati.



§2. La tutela nella Carta sociale europea
La Carta sociale europea, firmata a Strasburgo il 3 maggio 1996, nel primo considerando afferma che scopo del Consiglio d’Europa era quello di realizzare un’unione più stretta tra i suoi membri per salvaguardare e promuovere gli ideali ed i principi che rappresentano il loro patrimonio comune e favorire il progresso economico sociale, in particolare mediante la difesa e lo sviluppo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Si asserisce di voler garantire che ogni persona deve avere la possibilità di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente intrapreso e che ogni lavoratore ha diritto ad eque condizioni di lavoro.
Come tutela del diritto al lavoro, le parti contraenti si impegnano a garantire l’effettivo esercizio del diritto al lavoro, riconoscendo, tra i loro principali obiettivi e responsabilità, la realizzazione ed il mantenimento del livello più elevato e più stabile possibile dell’impiego in vista della realizzazione del pieno impiego .



§3. La tutela dell’occupazione nel Trattato C.E.
Il trattato che istituisce la comunità europea, nella versione consolidata con il trattato di Amsterdam, pone una particolare attenzione alle materie della politica sociale nel titolo XI del Trattato, che all’art. 136 (ex 117) si pone degli obiettivi strategici affermando che la Comunità e gli Stati Membri, tenuti presente i diritti sociali fondamentali, quali quelli definiti sulla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989, hanno come obiettivo la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione. A tal fine, la Comunità e gli Stati Membri mettono in atto misure che tengono conto della diversità delle prassi nazionali, in particolare delle relazioni contrattuali, e della necessità di mantenere la competitività dell’economia della Comunità. Essi ritengono che una tale evoluzione risulterà sia dal funzionamento del mercato comune, che favorirà l’armonizzazione spontanea dei sistemi sociali, sia dalle procedure previste dal trattato e dal riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative.
Al fine di perseguire gli obiettivi di politica sociale comune la Comunità sostiene e completa l’azione degli Stati Membri in materia generale del diritto del lavoro, condizioni di lavoro e tutela dell’occupazione , adottando mediante direttive una disciplina minima comune applicabile progressivamente, in modo da tener conto delle condizioni e delle normative tecniche esistenti in ciascun Stato membro.
Particolare attenzione viene data ad alcuni aspetti del mondo del lavoro, ovvero della disciplina della tutela dell’occupazione, tale da richiedere l’unanimità nella delibera del Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle Regioni, nei settori:
 sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori;
 protezione dei lavoratori in caso di risoluzione contrattuale;
 rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa la cogestione;
 condizioni d’impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio della Comunità;
 contributi finanziari volti alla protezione dell’occupazione e alla creazione di posti di lavoro, fatte salve le disposizioni relative al fondo sociale europeo .
Il legislatore comunitario inoltre prevede, a conferma della particolare attenzione alla tutela della occupazione, che la Commissione dedichi, nella sua relazione annuale al Parlamento europeo, un capitolo speciale all’evoluzione della situazione sociale nella Comunità. A tal fine il Parlamento europeo può invitare la Commissione ad elaborare delle relazioni su problemi particolari concernenti la situazione sociale.
Come si evince dalla disciplina del Trattato vi è un continuo monitoraggio dell’evoluzione sociale proprio per garantire stabilità al mercato del lavoro, senza ingessarlo con norme eccessivamente garantiste tali da minare l’armonico sviluppo del mercato del lavoro e dei capitali; poiché non può svilupparsi un mercato del lavoro stabile ed in crescita se non vi è un altrettanto mercato dei capitali florido e che dia sicurezza di stabilità agli investitori europei ed esteri. In quest’ottica di crescita armonica del sistema Europa in generale, e non soltanto nel ravvicinamento delle legislazioni, che va inquadrata la clausola di salvaguardia della disciplina più favorevole per il lavoratore in cui si fa libero la Stato membro di adottare o mantenere misure che prevedono una maggiore protezione.
In questa analisi delle regole che sono alla base del mercato del lavoro nell’Unione europea, è da rilevare che il trattato dà una precisa definizione di retribuzione, specificando che si intende il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo . Al contrario il trattato non dà alcuna definizione di lavoratore, lasciando l’interpretazione e l’applicazione al caso concreto e alla legislazione dello Stato membro, ben rilevando la Corte di giustizia che la nozione di lavoratore, nella fattispecie del trasferimento di azienda, va intesa nel senso che essa comprende chiunque, nello Stato membro interessato, sia tutelato, in quanto lavoratore, dal diritto nazionale del lavoro .









EU-15 EUR-11 US JP CH
1997 Tasso di occup. maschile 69,9 68,4 - - 86,0
1997 Tasso di occup. femminile 50,4 47,6 - - 67,8
Tot. tasso disoccupazione 10,7 11,6 4,9 3,4 4,2
Tot. Tasso disocc. maschile 9,3 9,9 4,9 3,4 4,1
Tot. Tasso disocc. femminile 12,4 14,1 5,0 3,4 4,0
1997 Disoccupati di lunga durata 49,0 50,9 - - 25,9
Occupati a tempo parziale - uomini 5,8 5,0 - - 9,2
Occupati a tempo parziale - donne 34,3 29,5 - - 55,2
Numero ore abitualmente prestate su base settimanale
(lavoratori a tempo pieno 40,4 39,7 - - 41,2


Fonte: EUROSTAT, Lussemburgo, 1998








CAPITOLO SECONDO

TRASFERIMENTO D’AZIENDA
NEL DIRITTO COMUNITARIO


§1. Il trasferimento d’impresa
La direttiva 77/187, prima, e la direttiva 98/50, poi, rientrano nell’ambito della disciplina comunitaria della politica sociale, in particolar modo nella tutela dell’occupazione. Esse si prefiggono l’obiettivo di tutelare il lavoratore nel caso di un trasferimento d’impresa. La necessità di queste direttive si è sentita in considerazione dell’evoluzione economica, sia sul piano comunitario che dei singoli mercati nazionali, che implica modifiche alle strutture dell’organizzazione di impresa, qualora si verificano con trasferimenti d’impresa, di stabilimenti o parti di stabilimenti, ovvero cessione di azienda o rami di azienda a nuovi imprenditori a seguito di cessioni contrattuali o fusioni. Il tutto nell’ottica di attenuare le differenze tra gli Stati membri nell’entità della protezione del lavoratore per far sì che queste non si ripercuotano sul funzionamento del mercato comune. Queste le basi su cui era costruita la direttiva 77/187, la quale però aveva alcune lacune che sono state colmate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, come la nozione del lavoratore.
A seguito delle innumerevoli pronunce della Corte di giustizia si è giunti alla necessità di fissare i criteri che la giurisprudenza della predetta Corte aveva elaborato negli anni, da cui si è avuta la direttiva 98/50 del Consiglio del 29 giugno 1998, la quale apporta chiarimenti alla nozione giuridica di trasferimento d’impresa, estendendo l’applicazione della vecchia direttiva alle imprese private e pubbliche che esercitano attività economiche che perseguano o meno uno scopo di lucro. Come previsto nel caso “Commissione contro Regno Unito ed Irlanda del Nord”, in cui si è espressamente affermato che era applicabile la direttiva 77/187, art. 1, n. 1, anche ad enti pubblici che non perseguono uno scopo di lucro, prevedendo che “un ente può esercitare un’attività economica ed essere considerato come un’impresa per l’applicazione delle norme del diritto comunitario anche se non persegue fini di lucro”, non essendo corretto che “uno Stato membro circoscriva l’applicazione delle disposizioni nazionali d’attuazione alle sole imprese che perseguono un fine di lucro” .




a) I soggetti nella direttiva 77/187/CEE.
La direttiva s’inquadra nei casi di cessione volontaria d’impresa e fusione. Il legislatore comunitario non si discostava molto da quello nazionale nella indicazione terminologica dei soggetti coinvolti nel trasferimento, infatti quello nazionale usava la terminologia “alienante” ed “acquirente” rifacendosi direttamente ad una indicazione terminologica tipica delle vendite del codice civile italiano, proprio ad indicare il trasferimento di una res o di una universalità di cose. Quello comunitario individua i soggetti con i termini di “cedente” e “cessionario”, intendendo per cedente ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento rientrante nell’oggetto della stessa, perde la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o parte dello stabilimento. Per cessionario si intende ogni persona fisica o giuridica che, al contrario, acquista la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dello stabilimento; per rappresentanti dei lavoratori, quelli previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri; eccettuati i membri degli organi di amministrazione, di direzione o di controllo di società che in alcuni Stati membri (Germania) occupano un posto in tale organo in qualità di rappresentanti dei lavoratori .


b) L’oggetto della direttiva 77/187/CEE.
Lo scopo principe della direttiva è quello di proteggere i lavoratori in caso di trasferimento d’impresa, ovvero tutelare i soggetti che già sono all’interno del mondo del lavoro e che svolgono attività lavorative nel momento in cui si concretizza la fattispecie del trasferimento . Infatti la direttiva precisa che questa si applica ai trasferimenti ad un nuovo imprenditore a seguito di cessione contrattuale o fusione; puntualizza che si applica nella misura in cui l’impresa, o stabilimento, o parte dello stabilimento da trasferire si trovi nel territorio della Comunità europea oggi Unione, escludendo le navi marittime.


§2. La tutela dei lavoratori
Il legislatore comunitario nella direttiva 77/187 alla sezione seconda disciplina la tutela dei lavoratori sottoposti al trasferimento con l’indicazione di un titolo: «Mantenimento di diritti dei lavoratori» che fa trasparire il pieno intento di ancorare la tutela ad un principio di conservazione dei diritti e posizioni contrattuali maturati quo ante. A conforto di ciò vi è la pronuncia della Corte di giustizia nel caso Wendelboe v. L. J. Music, in cui si afferma che la direttiva 77/187 mira a garantire nei limiti del possibile, la continuazione del rapporto di lavoro, senza modificare, con il cessionario, in particolare obbligando questo ad osservare le condizioni di lavoro stipulato da un contratto collettivo (art. 3, n. 2) e tutelando i lavoratori contro i licenziamenti motivati solo con il trasferimento (art. 4, n. 1) .
La Corte, nel caso Henke afferma che la direttiva mira a proteggere i lavoratori dalle conseguenze sfavorevoli che potrebbero prodursi in capo ad essi a seguito delle modifiche delle strutture delle imprese conseguenti all’evoluzione economica sul piano nazionale e comunitario , effettuate tra l’altro, con trasferimento d’impresa, di stabilimenti o di parte di stabilimenti ad altre imprese a seguito a cessioni contrattuali o a fusioni, ma lascia al di fuori della sua sfera d’applicazione la riorganizzazione delle strutture della pubblica amministrazione, nonché il trasferimento di funzioni amministrative da una pubblica amministrazione ad un’altra .
Con il trasferimento deve intendersi ipso facto che tutti i contratti inerenti l’impresa ceduta passano in testa al cessionario, liberando il cedente dagli obblighi risultanti dal rapporto di lavoro.
In questo senso l’interpretazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 77/187 operata dalla Corte nel caso D’Urso puntualizza che tutti i contratti o rapporti di lavoro esistenti nella data del trasferimento di una impresa, tra il cedente ed i lavoratori occupati nell’impresa si trasmettono ipso iure al cessionario per il solo fatto del trasferimento.
La Corte continua affermando l’inderogabilità di questa normativa sui trasferimenti a cui i soggetti coinvolti, ossia cedente, cessionario e rappresentanti dei lavoratori non possono derogarvi, salvo la libertà del singolo lavoratore di non voler continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavoro dopo il trasferimento .
§3. La conservazione dei C.C.N.L.
L’imprenditore cessionario non è vincolato al rispetto dei contratti collettivi, applicati nell'impresa del cedente, nell’ipotesi in cui egli dia applicazione ad un proprio contratto collettivo che sia in vigore prima della data di trasferimento d’impresa od anche concluso successivamente, ma comunque prima della scadenza del contratto collettivo applicato dal cedente.
Le previsioni della direttiva, per la loro genericità sono state criticate, soprattutto nella formazione letterale, dove si fa riferimento all’applicazione di un altro contratto collettivo da parte del cessionario, senza specificare ulteriormente.
Questo sembrava lasciare intendere che sarebbe stato sufficiente dare attuazione nell’impresa cessionaria ad un contratto collettivo di qualsiasi livello, anche in peius, per vanificare l’intero sistema di contrattazione collettiva di cui fruivano i lavoratori presso l’impresa ceduta; così ad esempio l’applicazione del contratto collettivo nazionale da parte del cessionario farebbe venir meno gli effetti del contratto integrativo aziendale in essere presso l’impresa ceduta.
Tutto ciò è evitato nel nostro ordinamento dalla espressa previsione dell’art. 47 l. n. 428/90, modificativa dell’art. 2112 cod. civ., che “l’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa dell’acquirente” da cui “risultino condizioni di miglior favore” . Il nostro legislatore indica che l’effetto di sostituzione è destinato a giocare soltanto tra contratti collettivi dello stesso livello , o quando il contratto collettivo applicato nell’impresa cessionaria è affiancato ad un contratto integrativo aziendale che determina delle condizioni più favorevoli del contratto collettivo applicato all’impresa del cedente per i lavoratori ceduti.
Dalla disciplina della direttiva vanno esclusi i lavoratori che nei singoli contesti nazionali non fruiscono della tutela contro il licenziamento.
In definitiva la norma garantisce ai lavoratori ceduti l'applicazione dei contratti collettivi che disciplinano il rapporto di lavoro prima del trasferimento, conferendo a questi contratti collettivi una particolare ultrattività che deroga i generali principi civilistici sull'efficacia dei contratti, atteso che essi produrranno effetti verso l'acquirente che è un terzo estraneo alla stessa pattuizione.
Questa applicazione ultrattiva cessa alla scadenza del contratto collettivo, restando l'acquirente pienamente svincolato dal rispetto dei contratti applicati in azienda prima del trasferimento.
E' comunque da annotare che la portata della normativa è limitata in ragione dell'espressa salvezza di altri contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente.
Questo in quanto la ratio della normativa comunitaria e la disposizione attuativa del nostro ordinamento è quella di agevolare la circolazione delle vicende d'impresa e stimolare il subingresso del nuovo titolare, evitando chiare situazioni di frizione come nel caso di dover applicare due differenti contratti collettivi nella stesa impresa creando disparità di trattamento, anche a parità di mansione ed impiego produttivo, tra i vecchi lavoratori ed i nuovi che sono acquisiti per effetto del trasferimento.







§4. Il trasferimento d’impresa nella direttiva 98/50/CE
Dopo ventuno anni, dal ’77 al ’98, si avvertiva la necessità di dare alla tutela dei lavoratori in caso di trasferimento d’impresa un adeguamento alla realtà che cambiava. Infatti, si legge nel terzo considerando della direttiva che l’obiettivo è quello di rivedere la direttiva 77/187 alla luce dell’impatto del mercato interno, delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il salvataggio delle imprese in crisi, della giurisprudenza della Corte di giustizia, delle norme legislative già in vigore nella maggior parte degli Stati membri.
Partendo da ulteriori considerazioni che la sicurezza e la trasparenza giuridica esigevano un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia; e che tale chiarimento non modificava e non modifica la sfera d’applicazione della direttiva 77/187 quale interpretata dalla Corte; che era necessario prevedere espressamente che la direttiva si applicasse alle imprese private e pubbliche che esercitano attività economiche, che perseguano o meno uno scopo di lucro; che era necessario chiarire la nozione di lavoratore; si perveniva a delle modifiche nell’ambito del campo d’applicazione sia oggettivo che soggettivo.
Nell’ambito oggettivo si modificava l’art. 1, n. 1, aggiungendo la dizione “parti d’impresa”, a seguito della giurisprudenza della Corte di giustizia che individuava in alcune fattispecie non caratterizzate da cessione di beni materiali un trasferimento d’impresa; in particolare la Corte, nel caso Vidal, ha ritenuto che l’art. 1, n. 1, della direttiva 77/187 deve essere interpretato nel senso che “la direttiva si applica ad una situazione in cui un’impresa, che affidava le pulizie dei suoi locali ad un’altra impresa, decide di porre fine al contratto che la vincolava a quest’ultima e di provvedere direttamente per il futuro ai lavori di cui trattasi, purchè l’operazione si accompagni al trasferimento di un entità economica fra le due imprese” .
Ugualmente sussiste trasferimento d’impresa per la Corte nel caso Hidalgo, in cui “un ente pubblico, che aveva dato in concessione il proprio servizio di assistenza a domicilio delle persone disabili o aggiudicato l’appalto per la sorveglianza di alcuni suoi locali ad una prima impresa, decide, alla scadenza o in seguito a recesso dal contratto che la vincolava a quest’ultima, di dare in concessione tale servizio o assegnare tale appalto a una seconda impresa, purchè l’operazione, anche qui, si accompagni al trasferimento di un’entità economica fra le due imprese” .
In entrambi i casi si definiva come entità economica, ciò che la direttiva 98/50/CE ha recepito all’art. 1, n, 1, lett. b), come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria; intendendosi per mezzi organizzati anche solo un gruppo di lavoratori specializzati. Nell’ambito soggettivo la direttiva all’art. 2, n. 1, lett. d), recepisce la nozione di lavoratore definendo come tale ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come lavoratore nell’ambito del diritto nazionale del lavoro. Nell’ambito della conservazione dei diritti dei lavoratori è aggiunta all’art. 3, n. 2, una facoltà in capo ai singoli Stati membri di adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire una reale trasparenza nei rapporti tra cedente e cessionario riguardo tutti i diritti e gli obblighi che saranno trasferiti al cessionario, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano, o avrebbero dovuto essere, noti al cedente al momento del trasferimento.
Il fatto che il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di detto diritto ed obbligo e lascia impregiudicati i diritti dei lavoratori nei confronti del cessionario e/o cedente in relazione a detto diritto ed obbligo .
In definitiva la sentenza Vidal traccia dei lineamenti ben precisi da cui poter identificare un trasferimento:
1. la nozione di entità economica va riferita ad un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo ;
2. tale entità deve essere sufficientemente strutturata e autonoma, in cui gli elementi aggiuntivi rispetto al personale non sono necessariamente beni patrimoniali, materiali o immateriali; potendo l’entità economica, in certi settori in cui il lavoro è basato essenzialmente sulla manodopera, essere costituita da un gruppo di dipendenti assegnati specificamente e formalmente ad una comune mansione ;
3. l’organizzazione del gruppo inteso come legame oggettivo tra i singoli componenti, qualificato e determinato dal fine produttivo, deve essere attuale e non potenziale, trattandosi di un dato strutturale dell’azienda, o parte di essa, che viene trasferita ,
4. l’entità economica oggetto di trasferimento deve essere già operante presso il cedente, prima del trasferimento stesso ;
5. la riassunzione di una parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale da parte del cedente è indice o prova del trasferimento, poiché ciò consente al nuovo imprenditore di acquisire l'insieme organizzato di elementi che gli consentirà il perseguimento delle attività o di talune attività dell'impresa cedente in modo stabile .
Il recepimento della direttiva 98/50/CE oggi è avvenuto con il decreto legislativo del 2 febbraio 2001 n. 18, in cui il legislatore italiano ha apportato le necessarie modifiche all'art. 2112 del codice civile e all'art. 47 della legge del 29 dicembre 1990 n. 428.
Detto decreto supera quella discrepanza tra l'ordinamento italiano e quello comunitario tra la nozione d'impresa e di azienda, come da noi delineati in questo lavoro, identificando il momento attuativo della direttiva, relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, definendo nella modifica dell'art. 2112 cod. civ. il trasferimento d'azienda, in qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata ecc… Muta la terminologia identificativa dei soggetti coinvolti assimilando a pieno quella comunitaria, identificandoli non più come acquirente ed alienante, ma come cedente e cessionario. L'art. 47 della lg. n. 428/90 continua ad avere effetto in regime di tutela reale, ovverossia in caso che siano oggetto di trasferimento aziende con più di quindici lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte dell'azienda.







CAPITOLO TERZO

NOZIONE DI TRASFERIMENTO D’AZIENDA
NELLE SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA



§1. La nozione di trasferimento di azienda
Primo passo da dover fare è precisare che nell’ordinamento interno vi è una grande differenza tra l’azienda e l’impresa. Infatti il legislatore nazionale definisce l’impresa, ai sensi dell’art. 2082 cod. civ., “l’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”, mentre definisce come azienda, ai sensi dell’art. 2555 cod. civ., “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
È individuata la fattispecie del trasferimento d’azienda all’art. 2112 cod. civ. dove, in sintonia con le direttive comunitarie, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che derivano dal trasferimento stesso .
La Corte di Cassazione italiana al fine dell’applicabilità della suddetta disciplina, postula che tale trasferimento si attui tra soggetti che svolgono un’attività organizzata da un fine di lucro o, almeno, di redditività; ed abbia ad oggetto l’azienda, intesa come complesso dei beni organizzati al detto fine (art. 2555 cod. civ.) .
La Suprema Corte esclude che si abbia trasferimento quando non si verifica il succedersi di due diversi soggetti nella titolarità della medesima attività imprenditoriale, ma soltanto nel possesso dei singoli beni produttivi . Né tantomeno ammette ci sia trasferimento d’azienda quando si verifica una successione di imprese appaltatrici nella medesima fornitura di servizi all’impresa appaltatrice , in questo senso il caso “Zotto c. Serit. S.p.a.”, in cui la Suprema Corte ha affermato che “la gestione in appalto delle esattorie per la riscossione delle imposte dirette trovano origine e titolo nei provvedimenti di concessione, la cui scadenza o revoca, dando luogo ad un caso di cessazione dell’impresa, rende inapplicabile, al personale della gestione esattoriale cessata che viene mantenuto in servizio, la disciplina ordinaria di cui all’art. 2112 cod. civ., in tema di trasferimento d’azienda, atteso che il nuovo cessionario subentra a titolo originario in forza di autonoma concessione” .
Per questi motivi nell’ordinamento interno dobbiamo parlare di trasferimento d’azienda e non d’impresa; sempre sotteso che non può il giudice italiano sottrarsi dall’applicazione della direttiva comunitaria e dall’interpretazione che la Corte di giustizia ne dà, avendo il dovere di conformarsi alla lettera e allo scopo delle direttive comunitarie .
La Suprema Corte nel caso Saba Ercole c. Enel precisa che “la nozione di trasferimento d’azienda” desumibile dalla direttiva 77/187, “riguarda tutte le ipotesi in cui la cessione abbia ad oggetto un’entità economica ancora esistente, che con il trasferimento conservi la propria identità, elemento che può risultare in particolare quando l’acquirente ne abbia effettivamente proseguito o riconosciuto l’esercizio con attività economiche identiche o analoghe a quelle dell’alienante” .
E' aperto il dibattito se vi sia o meno trasferimento d'azienda anche nell'ipotesi di fusione e di incorporazione oppure di semplice circolazione del pacchetto azionario, ipotesi queste che hanno ad oggetto l'azienda solo indirettamente, ma che in realtà coinvolgono la società titolare di essa.
A ben guardare l'art. 47 l. n. 428/90, e in particolare l'obbligo di informazione e consultazione sindacale che la direzione aziendale ha in occasione del trasferimento aziendale, si può concludere che anche in occasione di fusione ed incorporazione sono da ravvisarsi le esigenze di trasparenza e prevedibilità delle ricadute sui rapporti di lavoro che giustificano la previsione, in tal senso si esprime la direttiva comunitaria del 9 ottobre 1978, n. 855, nonché l'espressa previsione operata dalla direttiva n. 98/50.
Diverso è il caso di circolazione del pacchetto azionario o dell'acquisizione del pacchetto azionario di maggioranza o di controllo, poiché, secondo una certa dottrina, mancando il passaggio della titolarità dell'azienda non consente alcuna operazione estensiva della normativa. Ma di recente la Corte ha ammesso la possibilità di configurare il trasferimento tra società dello stesso gruppo, ed invero con la sentenza Allen ha affermato che la direttiva può essere applicata ad un trasferimento tra due società dello stesso gruppo che hanno gli stessi proprietari, la stessa direzione, gli stessi locali e sono impegnate nell'esecuzione dello stesso lavoro; anche quando una società decide di subappaltare ad un'altra società del medesimo gruppo alcuni lavori.
Inoltre la Corte ha definitivamente confermato l'applicazione della direttiva in caso di società controllata, affermando che ben rientra nel campo d'applicazione la situazione in cui un ente che gestisce servizi d'uso pubblico ed è gestito da un ente pubblico integrato nell'amministrazione dello Stato costituisce oggetto di un trasferimento a titolo oneroso, sotto forma di una concessione amministrativa, ad una società di diritto privato costituita da un altro ente pubblico che ne detiene tutte le azioni. Rientrano nel quadro d'esame il trasferimento di singole unità produttive o di rami d'azienda, a condizione che queste siano, dal punto di vista organico, un compiuto strumento d'impresa.
Non si può, viceversa, parlare di trasferimento d'azienda con riguardo ai servizi conferiti per concessione amministrativa, perché il servizio torna alla Pubblica Amministrazione concedente e successivamente viene da questa concesso ad altri, non sussistendo rapporto diretto tra il primo ed il secondo cessionario, poiché il servizio concesso al secondo cessionario è sempre a titolo originario.
Per la Corte di giustizia si ha trasferimento d’impresa quando vi è il trasferimento tramite cessione di un’entità economica organizzata in maniera tale da poter perseguire un obiettivo determinato .
§2. L’identità dell’entità economica trasferita
Presupposto base affinché ci sia trasferimento d’azienda è che l’entità economica trasferita ad un nuovo imprenditore sia quella stessa ancora esistente presso l’imprenditore cedente . “La Corte di giustizia tiene presente che la direttiva 77/187 pur perseguendo la tutela sociale resta pur sempre collegata alla sorte dell’attività economica. Essa non mira sempre e ad ogni costo alla conservazione dei posti di lavoro, bensì alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori nel caso in cui l’attività venga proseguita senza mutamenti dal nuovo imprenditore: solo in questo caso, infatti, si può presumere che egli sia in grado di impiegare i lavoratori alle stesse condizioni del cedente e gli si può imporre il mantenimento dei rapporti di lavoro” .
L’identità dell’entità economica può essere desunta da una serie di elementi.
Nella sentenza Spijkers la Corte precisa che “il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali, quali gli edifici e i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività. La valutazione della sussistenza di tali circostanze spetta al giudice nazionale, anche se la Corte di volta in volta, non rinunziando alla sua sfera d’influenza, ha sottolineato quali dei criteri o circostanze andavano maggiormente privilegiate; così, nella sentenza Redmond-Stichting sono apparsi decisivi per la Corte l’identità degli scopi perseguiti dalle due fondazioni, il trasferimento alla seconda delle conoscenze e delle risorse già possedute dalla prima, la cessione in locazione alla seconda dell’immobile occupato dalla prima, la riassunzione di alcuni dipendenti .
Nella sentenza Schmidt la Corte ha identificato quale elemento d’identità “la similarità delle attività di pulizia espletate prima e dopo il trasferimento, similarità che, peraltro si è tradotta nell’offerta di riassunzione fatta al lavoratore interessato (punto 17)” . La sentenza puntualizza tre elementi:
1) l’effettiva continuazione dell’attività d'impresa diviene un elemento autonomo rispetto alla serie di elementi della Spijkers, tanto da divenire un criterio presuntivo per l'applicazione della direttiva "senza che occorra accertare se vi sia stato trasferimento della proprietà dell'impresa" (punto 12);
2) quando si è in presenza di attività semplici, la "riassunzione di maggior parte del personale" è equiparata all'offerta di riassunzione;
3) l’accertamento se nella fattispecie si configura un trasferimento d'azienda è effettuato direttamente dalla Corte di giustizia.
In seguito la Corte prende le distanze dal predetto criterio di semplice valore autonomo della continuazione dell’attività, senza che questo interessi “un’entità economica organizzata in modo stabile, la cui attività non si limiti all’esecuzione di un’opera determinata” .
Ma è con la sentenza Suzen che la Corte precisa meglio la nozione di trasferimento d’impresa, rivisitando i criteri adottati in precedenza, non privilegiando più il criterio della continuazione dell’attività, osservando che “la mera circostanza che i servizi prestati dal precedente e dal nuovo appaltatore sono analoghi non consente di concludere nel senso che sussista il trasferimento di un’entità economica” (punto 15). Qui si afferma, inoltre, che a tal fine è necessario che gli elementi patrimoniali materiali o immateriali siano significativi. Qualora, invece, l’entità economica, per il tipo di attività esercitata sia in grado di operare senza elementi patrimoniali significativi, così che tale entità si identifica con il gruppo di lavoratori addetti stabilmente a quella attività, la conservazione dell’identità economica può essere individuata dalla riassunzione di “una parte essenziale, in termini di numero e competenza, del personale specificatamente destinato dal predecessore a tali compiti” (punti 18-21) .
In tal senso la Corte si era già espressa nella sentenza Merckx e Neuhnys , in cui vi era un trasferimento della concessione di vendita di autovetture senza il trasferimento di elementi materiali o immateriali dell’impresa né maneggiamento, quanto meno parziale, della struttura e dell’organizzazione dell’impresa. Per il resto, la sede del cessionario era situata in comuni dell’agglomerato urbano di Bruxelles diversi da quelli in cui esercitava la sua attività il cedente. La Corte ha ritenuto che “tali circostanze non sono tali da porre ostacolo all’applicazione della direttiva, in quanto, tenuto conto della natura dell’attività svolta, il trasferimento di elementi patrimoniali non è determinante affinché l’entità di cui trattasi conservi la sua identità economica” (punti 20-21) .
Seguendo l’indirizzo della sentenza Suzen, la giurisprudenza tedesca (Bundesarbeitsgericht), è giunta a ritenere operante la direttiva, e dunque l’esistenza di un trasferimento d’impresa, nei casi in cui, pur difettando la cessione di elementi patrimoniali, venga riassunto un lavoratore in possesso di particolari conoscenze (know how) assimilando così il lavoratore specializzato ad un bene immateriale oggetto di cessione .
Un caso interessante è vedere come la Corte Efta abbia assimilato la giurisprudenza della Corte di giustizia, fornendo un parere consultivo in data 25 settembre 1996, caso Eidesund , promosso da un giudice norvegese in ordine alla applicazione della direttiva comunitaria alla successione di due imprese in un appalto di servizi (approvvigionamento e pulizia di una piattaforma petrolifera). La Corte Efta è giunta a conclusioni molto vicine alla sentenza Suten, riconoscendo al giudice nazionale un maggior spazio di valutazione delle circostanze di fatto, riscontrando l’esistenza di un trasferimento anche quando una o più circostanze sono mancanti. Anche la Corte Efta ritiene che il criterio della riassunzione del personale assume rilevanza particolare, quando questo è caratterizzato da un alto grado di specializzazione, la cui riassunzione va ricondotta alla volontà del cessionario di continuare la stessa attività .
In senso contrario l’EAT (Employment Appeal Tribunal) la quale ha ritenuto che non sussiste trasferimento d’azienda nel caso di successione nella direzione aziendale (management) se non è accompagnato dal trasferimento di beni materiali o dalla maggior parte delle forze lavoro .
§3. Il trasferimento di servizi
Particolare importanza ha assunto l’analisi di un fenomeno oggi estremamente presente nel mondo economico industriale, ovvero la cessione di servizi all’esterno dell’impresa, i c.d. contracting out (appalti di servizi), strumento sempre più usato per attuare ristrutturazioni nel sistema d’impresa.
Proprio in questo ambito d’indagine la Corte di giustizia è intervenuta con la sentenza Watson Rask , avente ad oggetto l’affidamento ad un imprenditore esterno della gestione del servizio di mensa, precedentemente organizzato direttamente dall’imprenditore cedente, la Corte affermò che, poiché la direttiva si riferisce anche al trasferimento di stabilimenti o parti di essi, non è impeditivo il fatto che l’attività oggetto di cessione avesse carattere accessorio, e non fosse in rapporto di necessità con l’oggetto sociale dell’impresa cedente. La Corte, proseguendo in tale direzione, nella sentenza Schmidt andò oltre, assimilando l’attività di pulizia svolta da una sola dipendente ad una parte di stabilimento, per cui assoggettabile alla direttiva.
Le conclusioni della sentenza Schmidt furono per certi versi eccessive e un anno dopo con la sentenza Rygaard , la Corte escluse che il trasferimento di un cantiere per il completamento di alcune opere, anche se accompagnato dalla riassunzione di due apprendisti ed un impiegato, rientrasse nella fattispecie del trasferimento d’azienda, perché non era accompagnato dal trasferimento di un insieme organizzato di elementi tale da consentire il proseguimento delle attività o di talune attività dell’impresa cedente in modo stabile, trattandosi invece di una struttura la cui attività era limitata all’esecuzione di un’opera determinata.
Con questa pronuncia la Corte pone in risalto oltre al complesso organizzato di persone anche il connotato della stabilità dell’entità economica, visto come elemento minimale dell’oggetto del trasferimento.
In seguito la sentenza Suzen, richiamando il concetto di “organizzazione stabile”, fa riferimento “ad un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo”, precisando che “un’entità non può essere ridotta all’attività che le era affidata” .
Elemento di novità introdotto, con la sentenza Suzen, dalla Corte è la riconduzione dei lavoratori nella nozione di entità economica, la quale si caratterizza non solo per l’attività che le è affidata, ma anche per gli elementi che la compongono come il personale, il suo inquadramento, l’organizzazione del suo lavoro, i metodi di gestione, in uno per il complesso delle circostanze di fatto. Consegue che “in determinati settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla manodopera, un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune, può corrispondere ad un’entità economica” .
Può affermarsi che la cessione degli elementi attivi e la riassunzione del personale, che per la sentenza Spijkers costituivano semplici criteri di valutazione complessiva sull’esistenza di un trasferimento, nella sentenza Suzen diventano elementi costitutivi necessari del “complesso organizzato” oggetto del trasferimento, e che l’assegnazione stabile di un gruppo di lavoratori ad una certa attività potrebbe già di per sé costituire un livello, sia pur minimo di organizzazione, in mancanza di elementi materiali .


§4. Il trasferimento d’impresa nella successione di appalti
Il primo passo con cui si verifica la circolazione dell’azienda è il trasferimento del ramo d’azienda, il quale si conclude con l’acquisizione dei servizi o dei prodotti che in precedenza erano realizzati dal cedente utilizzando le attività trasferite. Tale risultato lo si ottiene con l’uso di varie figure contrattuali che vanno dalla locazione alla vendita, al franchising, all’appalto, al contratto di subfornitura avente ad oggetto "prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente".
In quest’ambito disciplinare alcuni contratti collettivi (come quelli per le imprese di pulizia, di igiene ambientale e smaltimento dei rifiuti e per i gestori di mense aziendali, e tipologie similari) colmano il vuoto legislativo prevedendo sia procedure di informazione e consultazione, sia l’obbligo per le imprese subentranti di assumere alle stesse condizioni i lavoratori addetti all’appalto da parte dell’azienda uscente. Ciò comporta, come rilevato da una parte della dottrina , un obbligo a contrarre il cui adempimento fa nascere un nuovo rapporto di lavoro del tutto autonomo da quello contratto dal precedente appaltatore.
La nascita di questo nuovo rapporto, che non ha collegamenti diretti con il precedente, fa venir meno anche la responsabilità solidale per i crediti vantati dal lavoratore, come ha precisato la Corte di cassazione nella sent. n. 12899 del 19/12/97, in cui afferma che lo speciale regime di responsabilità solidale dell'alienante e dell'acquirente, previsto dall'art. 2112 c.c. per i crediti di lavoro in deroga al regime generale di cui all'art. 2560 c.c., presuppone la vigenza e attualità del rapporto al momento del trasferimento ed il cessionario non può pertanto essere ritenuto responsabile per eventuali debiti non soddisfatti dal cedente ed afferenti ad un rapporto di lavoro legittimamente interrottosi in una fase antecedente al trasferimento stesso. In più il diritto di assunzione maturerebbe, secondo questi c.c.n.l., solo per i lavoratori che erano addetti all’appalto da un certo tempo, questo al fine di evitare atteggiamenti fraudolenti dell’imprenditore uscente, il quale in vista della perdita dell’appalto gonfi gli organici al fine di scaricare all’imprenditore entrante eccedenze di personale difficili da gestire.
Una parte della dottrina reputa che il consolidamento di questa prassi sarebbe un giusto riscontro per negare la sussistenza del trasferimento d’azienda nella successione di un imprenditore ad un altro nella gestione di un servizio concesso in appalto, poiché non si verifica il passaggio di un complesso di beni organizzati tra il vecchio e il nuovo appaltatore.
La giurisprudenza della Corte di giustizia pone qualche dubbio sulla perentorietà di queste affermazioni. Se è vero che la successione di un imprenditore ad un altro nella gestione di un servizio non comporta necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il primo e il secondo; è altresì vero che la Corte ha affermato che la mera circostanza che i servizi di volta in volta prestati dal precedente e dal nuovo concessionario o appaltatore siano analoghi non consente di ritenere che sussista il trasferimento di una entità economica. Ciò che qui mancherebbe è la cessione contrattuale, elemento necessario e sufficiente per l’applicazione della direttiva.
Sennonché questa conclusione può essere superata se vi è la presenza di un ulteriore elemento, a cui la Corte assegna un valore decisivo, la riassunzione di tutti o parte del personale da parte del nuovo imprenditore. Questo fattore, decisivo nel caso Schmidt, ha trovato conferma nella sentenza Merckx del 7 marzo 1996 , in cui la Corte dopo aver puntualizzato la nozione di "cessione contrattuale", dandone un’interpretazione sufficientemente elastica, riferendola a tutti i casi di cambiamento, nell’ambito dei rapporti contrattuali, della persona fisica o giuridica responsabile dell’impresa che assume le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti dell’impresa stessa, così affermando la non necessarietà di rapporti contrattuali diretti tra cedente e cessionario, per cui si ha trasferimento d’impresa, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva, anche quando "un'impresa titolare di una concessione di vendita di autoveicoli (...) pone fine alla sua attività e la concessione viene (...) trasferita ad un'altra impresa che rileva una parte del personale e beneficia di una promozione presso la clientela, senza che siano trasferiti elementi patrimoniali e senza che esistano rapporti contrattuali diretti tra le due imprese".
Di recente la Corte, nella sentenza Hidalgo , ha confermato questo indirizzo, avendo applicato la direttiva 77/187/CEE "ad una situazione nella quale un ente pubblico, che aveva dato in concessione il proprio servizio di assistenza a domicilio delle persone disabili o aggiudicato l’appalto per la sorveglianza di alcuni suoi locali ad una prima impresa, decide, alla scadenza o in seguito a recesso dal contratto che la vincolava a quest’ultima, di dare in concessione tale servizio o assegnare tale appalto a una seconda impresa, qualora l’operazione sia accompagnata dal trasferimento di un'entità economica tra le due imprese".
La Corte ha inoltre precisato che ai finì dell’applicabilità della direttiva non necessita l’esistenza di rapporti contrattuali diretti tra cedente e cessionario, ma bensì la cessione può essere posta in essere con l’intermediazione di un terzo, quale il proprietario e il locatore. Così, la Corte ha ritenuto, nella sentenza Daddy’s dance Hall, esistente il trasferimento nell’ipotesi in cui a seguito della risoluzione di un contratto di affitto-gestione relativo ad un ristorante, il titolare dell’impresa la ceda ad un nuovo affittuario che ne prosegua l’esercizio senza interruzione, con lo stesso personale precedentemente licenziato al termine del primo affitto. Allo stesso modo ha ritenuto applicabile la direttiva ad un’ipotesi di trasferimento in due fasi, con una locazione seguita da una vendita, con un periodo di sospensione dell’attività tra una e l’altra operazione nella sentenza Bork International.
La Corte ha così acclarato che esistono trasmissioni d’impresa al margine di relazioni contrattuali tra cedente e cessionario, che sono il risultato di operazioni complesse con molte fasi intermedie. Il risultato finale, che l’impresa è passata al nuovo titolare, è ciò che qualifica l’operazione delle relazioni lavorative vincolate con l’impresa.
Tutto questo vale indiscutibilmente nel caso in cui l’appalto intercorra tra il primo ed il secondo imprenditore ed ha per oggetto l’affidamento a quest’ultimo, di servizi già svolti all’interno dell’impresa committente da un gruppo organizzato di lavoratori dotati di particolare specializzazione, si può porre un problema di trasferimento dell’azienda con conseguente passaggio dei medesimi lavoratori alle dipendenze dell’impresa appaltatrice. In quest’ipotesi il contratto d’appalto è il mezzo giuridico con cui si realizza il trasferimento dell’azienda, quando è anche solo accompagnato dall’espulsione di un gruppo di lavoratori già stabilmente addetti alla medesima unità produttiva.
Pertanto, l’affermazione secondo cui "la successione di un imprenditore ad un altro nella gestione di un servizio concesso in appalto non costituisce trasferimento d’azienda, poiché non si verifica il passaggio di un complesso di beni organizzati tra il vecchio e il nuovo appaltatore" non può essere sempre valida in assoluto.







CONCLUSIONE


Risulta difficile trarre conclusioni da un lavoro che non ha preteso più che presentare nel suo insieme l’intervento comunitario in materia di trasmissione d’azienda, integrando la normativa con la giurisprudenza per elaborare il “diritto vivo” di queste operazioni nell’ambito comunitario.
Oggetto di questo lavoro è stato quello di individuare la nozione di trasferimento d’azienda nella giurisprudenza della Corte di giustizia, non potendo prescindere dagli interessi che questa ha voluto tutelare; partendo dall’analisi della direttiva sul trasferimento d’impresa in virtù della consolidata elaborazione giurisprudenziale della Corte che ha riempito di contenuti più precisi le indicazioni, talvolta generiche ed approssimative, del testo normativo comunitario, e giungendo ad occuparci solo ed esclusivamente della disciplina giurisprudenziale in un percorso che va dalla Spijkers del 1986 alla Vidal del 1998, dalla Schmidt alla Suzen, dalla Merckx alla Stichting.
Traspare chiaramente la difficoltà di completare un fenomeno tanto complesso e multiforme come quello della trasmissione in un quadro unitario regolare. Si è incontrato prima un fenomeno di obsolescenza normativa, una normativa elaborata in un momento storico determinato, la crisi degli anni settanta, che ha dimostrato di essere incapace di far fronte a un scenario socio-economico completamente distinto, quello degli anni ottanta e novanta, che hanno visto un processo di ristrutturazione aziendale di una dimensione e con un ritmo che il legislatore comunitario della fine degli anni settanta non fu capace di prevedere.
La vicenda della direttiva comunitaria ha posto in evidenza vari aspetti sulla dinamica del diritto comunitario del lavoro, al cui sviluppo ha certamente contribuito la Corte di giustizia con un lavoro d’interpretazione ed applicazione particolarmente chiaro della direttiva. In esso la Corte ha realizzato uno sforzo considerevole, essendo stata capace di superare molti dei problemi che sono nati per la limitazione tecnica della direttiva. Nell’occasione ha mostrato una ferma volontà di non intendere il Diritto del lavoro in modo eccessivamente ristretto o letterale, ma facendo trasparire dalle sue sentenze una attenta riflessione sui singoli casi, cercando l’armonica soluzione della tutela dei lavoratori in un mercato del lavoro flessibile.
La riforma della direttiva ha posto in chiaro questi punti oscuri della ricostruzione giurisprudenziale. Il legislatore comunitario ha fatto sue alcune delle costruzioni della Corte di giustizia, però ne ha tralasciato “volutamente” altre. Il risultato di tutto ciò è una combinazione di continuità e riforma come conseguenza di questo “dialogo” inedito tra la Commissione e la Corte, ossia una intercomunicazione dinamica. Ciò che risulta indubitabile è che l’analisi della direttiva 77/178/ in relazione con altri testi comunitari, come la direttiva 80/987 sull’insolvenza dell’imprenditore o la 94/95 sui comitati d’imprese europee, nonché la direttiva 98/59 sui licenziamenti collettivi, pone alla nostra attenzione l’esistenza di una politica comunitaria in materia di ristrutturazione d’azienda che include naturalmente le ipotesi di trasferimento; politica che non è una combinazione di singoli interventi, come è il Diritto della Comunità in materia sociale, ma bensì un corpo unico.
La logica perseguita dal legislatore è quella partecipativa, quella di introdurre i rappresentanti dei lavoratori in un processo di ristrutturazione aziendale divenendone i principali artefici, logica che si articola attraverso la previsione di ben precisi meccanismi d’informazione e consultazione.
La finalità è quella di garantire nella misura del possibile la posizione giuridica dei lavoratori delle aziende coinvolte, riducendo gli effetti negativi di questi inevitabili processi sull’occupazione e le relazioni del lavoro introdotti in azienda.
Questa politica comunitaria si è tradotta in una successione di sentenze non coordinate tra loro, dovuta, non ad una volontà del legislatore, ma alle difficoltà che la crescita della politica sociale comunitaria trova al suo interno.
In definitiva, possiamo affermare che la Corte con le recenti pronunce Hidalgo e Vidal ha indicato che per delineare la nozione di trasferimento bisogna delineare quella di entità economica che viene trasferita, indicandola come “il complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo” e il trasferimento d’azienda si ha quando si accompagna all’operazione contrattuale un “trasferimento di un’entità economica fra le due imprese” come innanzi delineato.
Del resto la lettura decisamente estensiva della direttiva fornita dalla Corte di giustizia risulta incentrata nella conservazione dei rapporti di lavoro, quale garanzia che ha la sua radice nel fine più ampio del “miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori della Comunità”, come delineato dalla carta dei diritti fondamentali del 1989, espressamente richiamata dal primo “considerando” della direttiva 98/50/CE, mentre in nessuna parte del vecchio e del nuovo testo appare alcun richiamo alle esigenze di “flessibilità” o di “competitività e di rimozione dei vincoli finanziari e giuridici capaci di ostacolare lo sviluppo delle piccole e medie imprese, aspetti che i trattati di Maastricht e di Amsterdam dedicano attenzione a più riprese; obiettivi che la Corte non trascura ma che ben soppesa nei confronti della conservazione del posto di lavoro, cercando di delineare uno sviluppo sociale armonico.
In conclusione i capisaldi dell’analisi e della elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia sono le sentenze affrontate in questo lavoro, da cui si evince qual è il percorso interpretativo seguito dalla Corte per creare la nozione di trasferimento d’azienda; come, del resto, recepito dalla nostra Corte di Cassazione la quale riferisce che l’indagine sul trasferimento d’azienda nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., non può prescindere dalle direttive comunitarie e dalla loro interpretazione data dalla Corte di giustizia.
Indirizzo che il legislatore nazionale ha fatto suo con il decreto legislativo n. 18/2001 apportando sostanziali modifiche in tal senso all'art. 2112 cod. civ. ed all'art. 47 della l.n. 428/90, recependo e cristallizzando l'indirizzo giurisprudenziale della Corte di giustizia ha creato una relazione diretta tra il trasferimento d'impresa presente nella normativa comunitaria ed il trasferimento d'azienda presente nell'ordinamento interno; ed ha eliminato, così facendo, l'ostacolo della diversa denominazione della fattispecie, attuando una equiparazione sostanziale delle due tipizzazioni, distonia, questa, tipica di sistemi giuridici di civil law.






APPENDICE DI DOCUMENTAZIONE






Sommario:


1) Direttiva 77/187/CEE
2) Direttiva 98/50/CE
3) D. lgs n. 18/2001
4) CGCE sent. n. C-13/95
5) CGCE sent. n. C-48/94
6) CGCE sent. n. C-171/94 e C-172/94
7) CGCE sent. n. C-127/96, C-229/96 e C-74/97




DIRETTIVA DEL CONSIGLIO, 14 FEBBRAIO 1977, N. 77/187 CONCERNENTE IL RAVVICINAMENTO DELLE LEGISLAZIONI DEGLI STATI MEMBRI RELATIVE AL MANTENIMENTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI IMPRESE, DI STABILIMENTI O DI PARTI DI STABILIMENTI


Il Consiglio delle Comunità europee,
 visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l’articolo 100,
 vista la proposta della Commissione,
 visto il parere del Parlamento europeo,
 visto il parere del Comitato economico e sociale,
 considerando che l’evoluzione economica implica sul piano nazionale comunitario, modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l’altro, con trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti a nuovi imprenditori, in seguito a cessioni contrattuali o a fusioni;
 considerando che occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti;
 considerando che sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l’entità della protezione dei lavoratori in questo settore e che occorre attenuare tali differenze;
 considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato comune;
 considerando che è quindi necessario promuovere il ravvicinamento nel progresso delle legislazioni in materia, ai sensi dell’articolo 117 del trattato,

ha adottato la presente direttiva:

Sezione I - Campo di applicazione e definizioni

Art. 1.
1. La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.
2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l’impresa, lo stabilimento o la parte di stabilimento da trasferire si trovi nel campo d’applicazione territoriale dei trattato.
3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.

Art. 2.
Ai sensi della presente direttiva si intende:
a) per «cedente», ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all’impresa o stabilimento o a parte dello stabilimento;
b) per «cessionario», ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dello stabilimento.
c) per «rappresentanti dei lavoratori», i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri, eccettuati i membri degli organi di amministrazione, di direzione o di controllo di società che in alcuni Stati membri occupano un posto in tali organi in qualità di rappresentanti dei lavoratori.


Sezione II - Mantenimento dei diritti dei lavoratori
Art. 3.
1. 1 diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.
Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data dei trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo i, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro.
2. Dopo il trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo e i termini previsti da quest’ultimo per il cedente, fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.,
Gli Stati membri possono limitare il periodo di mantenimento delle condizioni di lavoro purché esso non sia inferiore ad un anno.
3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, d’invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, per quanto riguarda i diritti, da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari citati al primo comma.

Art. 4.
1. Il trasferimento di un’impresa di uno stabilimento o di una parte di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d’organizzazione che comportano variazioni sul piano dell’occupazione.
Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.
2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è rescisso in quanto il trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo I, comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la rescissone dei contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.

Art. 5.
1. Qualora lo stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1; previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri.
Il primo comma non si applica se, in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative o della prassi degli Stati membri, esistono le condizioni necessarie alla nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o alla nuova formazione della rappresentanza dei lavoratori.
2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, scada a causa dei trasferimento, questi rappresentanti continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli Stati membri.


Sezione III - Informazione e consultazione

Art. 6.
1. Il cedente ed il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, sui seguenti punti:
- motivi del trasferimento,
- conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,
- misure previste nei confronti dei lavoratori.
Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell'attuazione del trasferimento.
Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile e in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi nelle loro condizioni di impiego e di lavoro dal trasferimento.
2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo.
3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti ai paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori.
L'informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.
L'informazione e la consultazione devono avere luogo in tempo utile, prima dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo comma.
4. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti ai paragrafi 1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano per quanto riguarda il numero di lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.
5. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori, i lavoratori interessati debbono essere informati in precedenza dell'imminenza del trasferimento ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1.


Sezione IV – Disposizioni finali

Art. 7.
La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori.

Art. 8.
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva nel termine di due anni a decorrere dalla notifica e ne informano immediatamente la Commissione.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Art. 9.
Entro i due anni successivi alla scadenza del periodo di due anni previsto dall'articolo 9, gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutti i dati utili per consentirle di redigere una relazione, che sarà sottoposta al Consiglio, sull'applicazione della presente direttiva.

Art. 10.
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva

DIRETTIVA 98/50/CE DEL CONSIGLIO DEL 29 GIUGNO 1998 CHE MODIFICA LA DIRETTIVA 77/187/CEE CONCERNENTE IL RAVVICINAMENTO DELLE LEGISLAZIONI DEGLI STATI MEMBRI RELATIVE AL MANTENIMENTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI IMPRESE, DI STABILIMENTI O DI PARTI DI STABILIMENTI.
(Gazzetta ufficiale n. L 201 del 17/07/1998 pag. 0088-092)


IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1
La direttiva 77/187/CEE è modificata come segue:
1) Il titolo è sostituito dal seguente:
«direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti».
2) Gli articoli da 1 a 7 sono sostituiti dal testo seguente:


«SEZIONE II - Ambito di applicazione e definizioni

Articolo 1
1. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.
b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quella di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria.
c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un’attività economica, che perseguono o meno uno scopo di lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva.
2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l’impresa, lo stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi nell’ambito d’applicazione territoriale del trattato.
3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.

Articolo 2
I. Ai sensi della presente direttiva si intende:
a) per «cedente», ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dell’impresa o dello stabilimento;
b) per «cessionario», ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all’impresa, allo stabilimento o a parte dell’impresa o dello stabilimento;
c) che «rappresentanti dei lavoratori» ed espressioni connesse, i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri;
c) per «lavoratore», ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come un lavoratore nell’ambito del diritto nazionale del lavoro.
2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.
Tuttavia, gli Stati membri non potranno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i contratti o i rapporti di lavoro a motivo unicamente:
a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;
b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata determinata a norma dell’articolo 1, punto 1 della direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale, o
c) di rapporti di lavoro interinali a norma dell’articolo 1, punto 2 della direttiva 91/383/CEE e del fatto che l’impresa, lo stabilimento o la parte d’impresa o di stabilimento trasferita è l’agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro o parte di essa.

SEZIONE Il
Mantenimento dei diritti dei lavoratori

Articolo 3
1. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.
Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data del trasferimento, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti prima della data del trasferimento da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento.
2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli obblighi che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente articolo, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero dovuto essere noti al cedente al momento del trasferimento. Il fatto che il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di tale diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi lavoratore nei confronti del cessionario e/o del cedente in relazione a detto obbligo.
3. Dopo il trasferimento il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.
Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro purché esso non sia inferiore ad un anno.
4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.
b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.

Articolo 4
1. Il trasferimento di un’impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d’organizzazione che comportano variazioni sul piano dell’occupazione.
Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.
2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.

Articolo 4 bis (omissis)


Articolo 5 (omissis)


SEZIONE III
Informazione e consultazione

Articolo 6
1. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti punti:
 data o data proposta del trasferimento,
 motivi del trasferimento,
 conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,
 misure previste nei confronti dei lavoratori.
Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell’attuazione del trasferimento.
Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile ed in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni d’impiego e di lavoro.
2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo.
3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un’istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori.
L’informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.
L’informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile prima dell’attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo comma.
4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano indipendentemente dal fatto che la decisione riguardante il trasferimento sia presa dal datore di lavoro o da un’impresa che lo controlla.
Nell’esame delle pretese violazioni degli obblighi in materia di informazione e di consultazione previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto che tale violazione è avvenuta in quanto l’impresa che controlla il datore di lavoro non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.
5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l’elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.
6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un’impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi indipendenti dalla volontà degli stessi, i lavoratori interessati debbono essere informati in precedenza:
 della data o della data proposta del trasferimento,
 dei motivi del trasferimento,
 delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,
 delle misure previste nei confronti dei lavoratori.


SEZIONE IV
Disposizioni finali

Articolo 7
La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o consentire l’applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.

Articolo 7 bis
Gli Stati membri introducono nelle loro normative nazionali i provvedimenti atti a consentire a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti che si ritengono lesi dall’inosservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, di tutelare i loro diritti con un’azione in giudizio dopo eventuali ricorsi ad altri organi competenti.

Articolo 7 ter
La Commissione presenta al Consiglio una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente direttiva entro il 17 luglio 2006. Essa propone le modifiche che risultano necessarie.



Articolo 2
1. Gli Stati membri adottano entro il 17 luglio 2001 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva o garantiscono che in questo periodo le parti sociali adotteranno le disposizioni necessarie) mediante accordo; gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le disposizioni necessarie per consentire loro in ogni momento di ottenere i risultati prescritti dalla presente direttiva.
2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
Gli Stati membri informano immediatamente la Commissione circa i provvedimenti adottati in applicazione della presente direttiva.

Articolo 3
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.



LEGISLAZIONE ITALIANA

TRASFERIMENTO D'AZIENDA

Codice civile (Articolo estratto)

2112 Trasferimento d'azienda – In caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con l’acquirente e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa dell’acquirente.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell’azienda.



L. 29 dicembre 1990, n. 428 (G.U 12-1-1991. n. 10, s.o.). - Legge Comunitaria per il 1990 (Articolo estratto)

Capo VII
Lavoro

47. Trasferimenti di azienda.
1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d’azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, l’alienante e l’acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a norma dell’art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell’associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L’informazione deve riguardare:
a) i motivi del programmato trasferimento d’azienda;
b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;
c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma I, l’alienante e l’acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il mancato rispetto, da parte dell’acquirente o dell’alienante, dell’obbligo di esame congiunto previsto nel presente articolo costituisce condotta antisindacale ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. I primi tre commi dell’articolo 2112 del codice civile sono sostituiti dai seguenti: «(Omissis)».
4. Ferma restando la facoltà dell’alienante di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento.
5. Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell’articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977; n: 675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante.
6. I lavoratori che non passano alle dipendenze dell’acquirente, dell’affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall’acquirente, dall’affittuario subentrante in un momento successivo al trasferimento d’azienda, non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile.




DECRETO LEGISLATIVO 2 FEBBRAIO 2001, N. 18 (IN GAZZ. UFF., 21 FEBBRAIO, N. 43) - "ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 98/50/CE RELATIVA AL MANTENIMENTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI IMPRESE, DI STABILIMENTI O DI PARTI DI STABILIMENTI"


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, che modifica la direttiva 77/187/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti; Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526, ed in particolare gli articoli 1 e 2 e l'allegato A; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 febbraio 2001; Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero e per la funzione pubblica;

Emana il seguente decreto legislativo:

Art. 1.
Modifiche all'articolo 2112 del codice civile
1. L'articolo 2112 del codice civile é sostituito dal seguente:
«Art. 2112 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda). - In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
Il cessionario é tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.
Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma.
Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento é attuato, ivi compresi l'usufrutto o l'affitto d'azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità.».

Art. 2.
Modifiche all'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428
1. All'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, i commi 1, 2, 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo articolo 2112, il cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi e può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare: a) la data o la data proposta del trasferimento; b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda; c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.
3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi previsti dai commi 1 e 2 costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
4. Gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal presente articolo devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante. La mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.».

Art. 3.
Disposizioni finali
1. Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto trovano applicazione a decorrere dal 1° luglio 2001.
2. Il presente decreto non comporta nuovi o maggiori oneri, né minori entrate, a carico del bilancio dello Stato.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

TESTI NORMATIVI
 Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata a Strasburgo il 09/12/89.
 Carta sociale europea (riveduta), firmata a Strasburgo il 03/05/96, ratificata con legge del 9/2/99, n. 30 (G. U. 23/2/99, n. 44).
 Trattato che istituisce la Comunità europea, (versione consolidata dopo il Trattato di Amsterdam, firmato ad Amsterdam, il 2/10/97), artt. 137, 140, 141.
 direttiva 77/187/CEE del Consiglio del 14 febbraio 1977.
 direttiva 98/50/CE del Consiglio del 29 giugno 1998.
 Codice civile, art. 2112.
 Legge n. 428 del 29/12/90, art. 47.
 Legge n. 192 del 18/06/98, art. 1.
 D. lgs. n. 18 del 02/02/2001

Sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, in ordine cronologico:
CGCE, sent. 07/10/85, n. 19/83
sent. 11/07/85, n. 105/84
sent. 12/03/86, n. 24/85
sent. 10/02/88, n. 324/86
sent. 15/06/88, n. 101/87
sent. 25/07/91, n. C - 362/89
sent. 19/05/92, n. C - 29/91
sent. 12/11/92, n. C - 209/91
sent. 08/06/94, n. C - 382/92
sent. 14/04/94, n. C - 392/92
sent. 19/09/95, n. C - 48/94
sent. 07/03/96, n. C - 171/94 e C - 172/94
sent. 15/10/96, n. C - 298/94
sent. 11/03/97, n. C - 13/95
sent. 10/12/98, n. C - 127/96, C - 229/96 e C -74/97
sent. 10/12/98, n. C - 173/96 e C - 247/96
sent. 02/02/99, n. C - 234/98
sent. 14/02/00 n. C - 343/98
sent. 26/09/00 n. C - 175/99
sent. 25/01/00 n. C - 172/99


Sentenze della Corte di Cassazione italiana, in ordine cronologico:
Cass. civ., sez. lav., 24/10/83, n. 6279
20/8/92, n. 9706
23/8/96, n. 7771
08/04/97, n. 3025
19/12/97, n. 12899
04/06/99, n. 5519
14/6/99, n. 5892

Employment Appeal Tribunal
EAT, sent. 18/4/2000, Whitewater deisure Management Ltd v. Barnes and other.

AUTORI
M. AIMO, Le garanzie individuali dei lavoratori in dossier: «Il trasferimento d’azienda fra diritto comunitario e interno», in Riv. Giur. Lav., 1999.
U. CARABELLI, Trasferimento d’azienda: la nuova direttiva europea, Lav. Inf. N. 21, 1998.
U. CARABELLI e B. VENEZIANI, Il trasferimento d’azienda in Italia, in AA.VV., “La trasmisiòn de empresas en Europa”, Cacucci, Bari, 1999.
F. CARINCI, R. DE LUCA TAMAJO, P. TOSI, T. TREU, Diritto del Lavoro, vol. 2, Il rapporto di lavoro subordinato, UTET, Torino, 2000.
R. COSIO, La nuova direttiva sul trasferimento delle imprese: l’ambito di applicazione, in Foro it., 2000, I, 879.
R. FOGLIA, La fattispecie trasferimento d’azienda alla luce della nuova direttiva 98/50: profili definitori ed interpretativi, in Foro it., 2000, I, 865.
P. PELISSERO, L’individuazione della fattispecie, in dossier: «Il trasferimento d’azienda fra diritto comunitario e diritto interno», in Riv. Giur. Lav., 1999.
P. PELISSERO, L’«entità economica» come oggetto del trasferimento d’azienda: sviluppi recenti della giurisprudenza comunitaria e possibili riflessi sugli ordinamenti nazionali, in Dir. rel. Ind., 1998.
M. ROCELLA e T. TREU, Diritto del lavoro della Comunità europea, Cedam, Padova, 1995.
MIGUEL C. RODRIGUEZ e PINERO ROYO, Trasmisiòn de empresas y derecho europeo, in AA.VV., “La trasmisiòn de empresas en Europa”, Cacucci, Bari, 1999.
M. RUBENSTEIN, in I.R.L.R., vol. 29, n. 7, 2000.
A VALLEBONA, in Riv. it. lav., 1999, II, 218.
WWW.labourjournal.it.


PREFAZIONE 1
CAPITOLO PRIMO 4
TUTELA DELL’OCCUPAZIONE NEL TRATTATO DI AMSTERDAM 4
§1. Considerazioni generali 5
§2. La tutela nella Carta sociale europea 7
§3. La tutela dell’occupazione nel Trattato C.E. 8
CAPITOLO SECONDO 13
TRASFERIMENTO D’AZIENDA NEL DIRITTO COMUNITARIO 13
§1. Il trasferimento d’impresa 14
§2. La tutela dei lavoratori 17
§3. La conservazione dei C.C.N.L. 20
§4. Il trasferimento d’impresa nella direttiva 98/50/CE 23
CAPITOLO TERZO 29
NOZIONE DI TRASFERIMENTO D’AZIENDA NELLE SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA 29
§1. La nozione di trasferimento di azienda 30
§2. L’identità dell’entità economica trasferita 35
§3. Il trasferimento di servizi 41
§4. Il trasferimento d’impresa nella successione di appalti 43
CONCLUSIONE 49
APPENDICE 55
CAUSA C-48/94 78
SENTENZA 79
BIBLIOGRAFIA 106
TESTI NORMATIVI 107
Sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, in ordine cronologico: 108
Sentenze della Corte di Cassazione italiana, in ordine cronologico: 109
AUTORI 110